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Lo slogan dilagante in questo periodo è di segno diametralmente opposto a quello del titolo dell’articolo anche se, rispetto ai principi contenuti nel Protocollo di Kyoto, sia da privilegiarsi un’attività di miglioramento della luce anziché di spegnimento. Il tutto senza contare che lo spegnimento anche di un’ora di apparecchi di illuminazione pubblica può integrare il reato di interruzione di pubblico servizio. Ciò ad esempio accade allorquando si abbandoni anche solo per un’ora la propria autovettura in modo da impedire il passaggio dei mezzi pubblici di trasporto (Tribunale Penale di Rieti, sentenza del 10 maggio 2001), ma il principio è identico a quello d’interruzione del servizio di pubblica illuminazione. L’art. 340 c.p., titolato “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”, recita: Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno. I capi, o promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni. L’alterazione del tempestivo, ordinato ed efficiente sviluppo del servizio pubblico, pertanto, di trasporto come d’illuminazione, non può legittimamente rappresentarsi come un fatto virtuoso, costituendo al contrario non solo un comportamento che pregiudica la sicurezza dei cittadini, ma anche che mal interpreta il senso della normativa internazionale.